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Capocotta, la spiaggia - splendori ed errori

Circa quaranta anni orsono, al litorale di Capocotta, tra Castelporziano e Torvajanica, a sud di Ostia, si accedeva attraverso un buco nella recinzione. Vedere persone libere, liberate dagli stereotipi che dal ’68 erano stati indeboliti, donava a tutti un senso di eccitazione. La vita si svolgeva nella cupa cappa di quegli anni di piombo, con innumerevoli vite spezzate da droghe e violenza politica; tale gravosa condizione veniva alleggerita dai festival della poesia a Capocotta e dalla leggerezza dell’essere che su quella lunga spiaggia trovava vita.
Poi arrivarono gli anni della trasgressione e contemporaneamente si è registrato l’insediamento di piccoli punti di ristoro che pian piano sono cresciuti tra tante, troppe incertezze e inadeguatezze.
Si è anche assistito all’appropriazione della spiaggia da parte di coloro che, ben lontani dalla filosofia naturista, praticavano nudismo a scopi sessuali.
Tante persone sono state importunate in spiaggia con offerte di trasgressive prestazioni sessuali.
Anche le dune, miracolo naturale da preservare, hanno subito ingiurie inenarrabili essendo diventate il luogo dove si consumavano continui incontri sessuali. Incredibile era il volume di droghe (tutt’altro che leggere) che circolava in quella zona franca, dove le forze dell’ordine si affacciavano occasionalmente.
Troppo per la nostra generazione di naturisti, per le nostre famiglie e per i nostri figli, da allora tantissimi hanno dovuto rinunciare a frequentare quel luogo così profondamente degradato. Non per questo si è smesso di lottare perché tanto patrimonio fosse recuperato e destinato alla società civile. Solo a ridosso del nuovo millennio è intervenuto il risanamento e con esso il riconoscimento della destinazione, finalmente legittima, di un tratto di spiaggia alla pratica naturista.
Una novità assoluta in Italia, uno spiraglio di luce che squarciava l’ipocrisia che accomunava il naturista al reo.
Quanti inutili procedimenti penali si erano consumati fino a quel momento. “Spiaggia destinata alla pratica naturista” questo il testo dei cartelli che campeggiavano ai confini di quei 250 metri di arenile … ma, così come era accaduto anni prima, i gestori dei chioschi ufficialmente operanti in concessione (occasionalmente coincidenti con alcuni di coloro che avevano inizialmente occupato spontaneamente l’arenile) pian piano hanno gonfiato la superficie dei manufatti, almeno così dice il magistrato che ha ne deciso il sequestro. I ristoranti sono diventati sempre più capienti e si sono succedute notti di musica folle (a tutto danno dell’ecosistema).
Contemporaneamente i gestori garantivano la guardiania della spiaggia, il servizio di salvamento e altri servizi agli utenti. Ecco le due facce antitetiche e compresenti della gestione di Capocotta.
Nel tempo, l’antropizzazione incontrollata e non governata ha trasformato la spiaggia tradendo gli scopi per cui era stata istituita la Riserva Naturale Statale del Litorale romano. Come tutti sappiamo, matura l’indagine su Mafia Capitale e vengono emessi numerosi importanti provvedimenti dai magistrati, i quali ordinano anche il sequestro di gran parte dei manufatti sul litorale. Alcuni di questi sequestri sono stati riadottati proprio in questi giorni nei confronti di coloro che, sfruttando un’ordinanza di dissequestro per la demolizione, hanno riavviato l’attività commerciale preesistente.
Contemporaneamente, il Municipio Roma X, affidato alla gestione di un commissario straordinario dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, ha emanato l’ordinanza che disciplina la stagione balneare 2016. La regola generale prevede che ove non siano attive concessioni gli oneri relativi alla pulizia dell’arenile, alla manutenzione dei passaggi e alla rimozione delle barriere architettoniche rimangano a carico del Municipio.
Con estrema preoccupazione rileviamo che per tutto l’arenile libero da Castelporziano a Capocotta vige una deroga e benché le due grandi spiagge, di cui la prima è di importanza comunitaria e la seconda è ricadente nella Riserva Naturale Statale del Litorale romano, congiuntamente costituiscano un enorme polo di attrazione lungo chilometri, nel quale confluiscono decine di migliaia di bagnanti nel periodo estivo, per le stesse – sulle quali non sono attive concessioni - nessun ente pubblico è tenuto a garantire il servizio di assistenza e salvataggio, nonché di quelle attività che sono necessarie per garantire l’incolumità pubblica e la salute degli utenti, con implicazioni anche sull’ordine e sulla sicurezza pubblica.
Si tratta di una situazione che benché temporanea è inevitabilmente destinata a perdurare per l’intera stagione balneare, durante la quale non saranno assicurati i servizi di assistenza e salvataggio, di vigilanza antincendio delle aree protette, di rimozione delle barriere architettoniche, di pulizia degli arenili, con compromissione degli standard di sicurezza pubblica. Gli effetti si possono vedere già da ora e si può prevedere che entro breve termine si produrranno ulteriori gravi conseguenze.
Appare facile ipotizzare che la porzione di arenile destinata alla pratica naturista, in assenza di altre forme di controllo, possa diventare assolutamente impraticabile per totale mancanza di sicurezza dei naturisti, esposti ad ogni possibile interferenza di chi ritiene che la nudità delle persone consenta atteggiamenti osceni, molestie e qualsiasi pratica a sfondo sessuale.
E’ altrettanto facile ipotizzare che nell’opinione pubblica possa radicarsi la convinzione che i precedenti abusi tutto sommato possano essere un prezzo sopportabile a fronte di un minimo di governo dell’arenile.
UNI-Lazio si sta opponendo con forza alla logica del “male minore” pretendendo che, nel pieno rispetto della legalità, sia garantita la sicurezza dei bagnanti e la tutela dei naturisti. Peraltro, la grande risonanza internazionale della spiaggia naturista di Roma, conosciuta e frequentata dalle migliaia di associati al circuito internazionale dei naturisti, di cui Unilazio costituisce la Sezione locale, sta già producendo negativi effetti sull’immagine di Roma e del suo litorale ben oltre i confini nazionali.
Estremamente aperto è anche il dibattito relativo alla destinazione all’esclusivo uso naturista del limitato tratto di arenile (250 metri) riconosciuto dall’ordinanza del Comune di Roma. La rimessa a bando del chiosco e della spiaggia dovrà quindi, per Unilazio, considerare l’ipotesi di ampliamento del tratto di arenile destinato al naturismo o riportare all’utilizzo esclusivamente naturista dell’Oasi, visto che lo scorso anno la spiaggia è stata frequentata in larga misura (anche fino al 50%) da bagnanti in costume.
Tutto ciò se da un lato non può che evidenziare l’avvio, da parte del mondo “tessile”, di un nuovo approccio e di una nuova attenzione culturale nei confronti del naturismo, dall’altro lato ci costringe comunque a tener conto del fatto che nel nostro Paese i vincoli normativi – ancorché depenalizzati - lasciano alta la barriera tra chi è “dentro” e chi è “fuori” la filosofia naturista.
UNI-Lazio

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