L’isola dei famosi e la nudità
Nel vedere in tv un brano del noto programma “L’isola dei famosi”, ed avendone constato la stupidità e la vacuità, di cui purtroppo soffrono molte trasmissioni propinate dalla televisione, mi sono affrettata a cambiare canale per orientarmi sui più graditi documentari trasmessi dai canali monotematici. Poi, però, quasi senza rendermene conto, la mia mente era ritornata sul brano del talk show in questione perché mi aveva colpito un particolare che riguardava la nudità.
Bianca Atzei, la nota cantante che ha partecipato alla scorsa edizione di Sanremo, e che è stata una dei concorrenti dell’ “Isola dei famosi”, ad un certo punto aveva espresso il desiderio di fare il bagno in mare completamente nuda, convincendo un altro concorrente a farlo insieme a lei, cosa che i due avevano prontamente fatto.
E come se ciò non bastasse, un’altra concorrente si era spogliata e aveva fatto il bagno nuda. Tutti e tre i concorrenti avevano commentato come l’esperienza fosse stata straordinaria: “In questa natura meravigliosa”, hanno detto, “è bello fare il bagno nudi, camminare nudi sul bagnasciuga”, aggiungendo “che in questo silenzio, in questa tranquillità, si sta bene, si sente il respiro dell’isola, si prova la sensazione fisica della libertà”.
Ebbene, tempo fa, in un editoriale, il direttore di questa rivista aveva riportato le testuali parole di chi si trova per la prima volta a vivere l’esperienza nudista: “E’ bello, si sta bene, c’è tranquillità, facilità di dialogo, silenzio, possibilità di passeggiare nudi lungo il bagnasciuga o nei boschi, provando appieno la sensazione fisica della libertà”. Sorprendente, no? Quello che per i “naufraghi” televisivi era “il respiro dell’isola”, noi naturisti lo traduciamo come il “respiro della natura”.
Quel desiderio di respirare la natura, che si sente quando si sta nudi, che è ciò che avevano provato i “naufraghi”, non è un caso che fosse partito da due donne: dalle donne, che d’istinto amano la nudità.
Questo istinto primordiale, che la donna sente nei confronti della nudità, l’ha provato anche una nota presentatrice tv, Sveva Sagramola, che conduce “Geo & Geo”, un programma che si occupa di natura, ecologia, inquinamento, energie rinnovabili, bioagricoltura, tutela dell’ambiente, ecc. Ecco che cosa ha scritto una volta dopo aver attraversato il deserto del Sahara: ”Ero in viaggio dal Mali, in una spedizione lungo le tracce dell’Azalai, la via carovaniera che congiunge le miniere di sale di Taudenni a Timbuctu per arrivare al villaggio di Araouane. Era una mattina di pioggia e io, completamente nuda dietro una duna, mi stavo lasciando lavare dal’acqua che cadeva. In quella distesa infinita di sabbia e di polvere, accarezzata dalla pioggia che finalmente rinfrescava la terra, mi sono sentita un puntino nell’universo, ma un puntino ch’era parte del tutto”.
Sembra il discorso di una naturista non naturista, ma che, scomodando Freud, inconsciamente lo è.
Tempo fa i nostri vicini di casa avevano scoperto che dei loro amici frequentavano i centri naturisti della Croazia. Noi li abbiamo visti per caso un giorno che si trovavano nel giardino dei suddetti vicini per una grigliata. Parlando abbiamo sondato il perché e il percome avessero iniziato a fare del naturismo.
All’inizio li aveva spinti la curiosità, nonostante fossero frenati dal fatto che mai si erano messi nudi in pubblico. Ma la vista della naturalezza con cui le persone giravano nude aveva fugato in loro ogni dubbio, ogni paura. Arrivati al bungalow si erano subito spogliati e il resto era stato tutto facile.
Ed ecco che, sintetizzando quanto ci avevano detto, ne era venuto fuori il solito racconto identico in tutto e per tutto a quelli sopra riportati. Ci avevano parlato della sensazione meravigliosa di sentirsi nudi, di sentire, quasi, il respiro degli alberi, di camminare sul bagnasciuga nudi, di fare il bagno nudi, del senso di estrema libertà di camminare nudi per le vie del centro naturista. E poi c’era quella pace, quella tranquillità, l’ordine e la mancanza di confusione che c’è sulle spiagge mondane.
L’idea naturista, è stato più volte ribadito, crede nella legge naturale che governa le cose, e, mentre spiega con motivazioni razionali la validità dei suoi presupposti, insiste sul momento rigenerativo della nudità come incontro fra natura umana e natura sensibile, momento non contraffatto dalle distorsioni della cultura.
E’ questo momento non contraffatto che agisce positivamente su quello che è stato definito “il potere taumaturgico della nudità”, definizione coniata da Daniele Agnoli nel 2003 in uno scritto che porta, appunto, questo titolo. Questo potere, che possiamo definire prodigioso, evidenzia come la nudità possieda la forza d’imporre senza violenza, con naturalezza, quell’etica di vita che sta alla base dell’idea naturista.
Per nudità, come viene sempre ribadito da queste pagine, s’intende quella integrale praticata o nella natura, ovviamente quando si ha la possibilità di farlo, o in ambienti idonei nella stagione fredda, come nelle palestre, nelle piscine e nella sauna, sempre quando questi luoghi siano stati riservati alla pratica della nudità.
Mentre per taumaturgico, ossia la capacità di operare miracoli o prodigi, nell’accezione naturista non si riferisce a poteri occulti ma alla capacità che la nudità ha di tonificare il corpo e la mente, di frenare gli istinti e di contenere nei giusti termini l’aggressività, principalmente maschile, perché per la donna il discorso è diverso (vedi l’articolo “L’esperienza naturista dell’uomo e della donna” sul n.63 di InfoNaturista).
La vestizione abituale, che è praticamente sempre coatta, ha modificato il rapporto dell’umanità con il proprio corpo, tanto è vero che i “naufraghi dell’isola”, lontani dalla civiltà, se ne sono resi conto soltanto vivendo in ambiente naturale, dove avevano avvertito che i vestiti, anziché essere funzionali, erano diventati una ingombrante sovrastruttura.
Perché, come nel lontano passato della storia dell’umanità, l’uomo è stato condizionato (tralasciando la preistoria di cui non sappiamo quasi nulla), così l’individuo della società postmoderna continua ad essere condizionato da una psicologia deformata per tutto ciò che riguarda il corpo. Non a torto Marc-Alain Descamps, professore emerito, ha scritto che: “Il nudismo sociale ha di particolare e di essenziale che, dopo un certo tempo, ci si dimentica di essere nudi, perché si è ritornati nel proprio stato naturale e si è ritrovata l’innocenza originaria di esseri che non sanno di essere nudi.
Ciò procura una gioia intensa che non si può descrivere a parole”. Ed è proprio quello che i “naufraghi” avevano provato, a giudicare dalla gioia spensierata che avevano manifestato sguazzando nell’acqua cristallina del mar dei Caraibi. “E’ stato come tornare bambini”, avevano detto gli improvvisati neonudisti dell’isola, non sapendo che quel loro agire era stata la manifestazione tangibile e inconscia di quella che gli psicologi chiamano catarsi. La catarsi (qui intesa come purificazione), che hanno vissuto i “naufraghi” dell’isola, si è espressa nel momento essenziale della nudità integrale grazie al potere di fascinazione della natura.
Ed è proprio il momento della catarsi a compiere il miracolo della scoperta di un nuovo modo di vivere, non un ritorno al passato, e nemmeno la ricerca di un mondo perduto, come erroneamente si crede, ma semplicemente la necessità, che l’essere umano inconsciamente sente, di risintonizzarsi con la natura.
Questo nuovo modo di vivere va ricercato nel futuro, non nel passato, perché, come ha scritto Paul Ableman (drammaturgo e critico letterario inglese, autore del libro “Anatomia della nudità”), quasi sempre la nostalgia ci fa attribuire a eventi del passato un fascino solitamente falso.
Per questo il naturismo afferma, e continuamente lo ribadisce, che ritorno alla natura non è una regressione allo stato animale, ma il ritorno ad un atteggiamento di rispetto della natura e della nostra dignità. E a titolo d’esempio prendiamo i servizi igienici: come primo insegnamento i “naufraghi” avevano capito il valore delle comodità “inventate” dal mondo civilizzato che sull’isola mancavano completamente.
Di conseguenza le persone dovevano tornare ad espletare i propri bisogni fisiologici come facevano gli antichi, cioè appartandosi nella natura e immergendosi in mare per potersi lavare. Poi, come secondo e importantissimo insegnamento hanno detto che quando sarebbero ritornati nel mondo civilizzato avrebbero apprezzato ciò che davano per scontato, come il cibo, di cui, data la carenza di cui si soffre in quel reality, ne avevano riscoperto il dato valoriale, essenziale per la sopravvivenza, aggiungendo, inoltre, che una volta ritornati a casa, mai più avrebbero gettato nella spazzatura il cibo avanzato.
Concludendo: l’uomo è l’unico essere dotato di strutture sensibili in grado di cercare nuovi modi per attuare il suo slancio vitale, organizzando la sua esistenza individuale e collettiva attraverso rapporti sociali disciplinati da leggi. Ciò che l’uomo, però, non ha ancora organizzato e disciplinato è il suo rapporto con la natura, un adeguato inserimento nell’ambiente e la pacifica convivenza con le specie animali e vegetali. Inoltre, non ha ancora accettato la propria natura, ciò è testimoniato dal fatto che l’uomo è l’unico “animale” che nasconda o mascheri il proprio corpo, non rispettando i propri ritmi circadiani.
Per porre rimedio a questi errori, o mancanze, ci sentiamo in dovere di dire che la morale naturista è l’unica che, fondandosi su principi concreti, si occupa dell’essere umano in senso umanistico. E’ stato scritto che la morale naturista è un confronto continuo tra l’uomo e la natura.
Da questo confronto emerge la legge da seguire, che non è una legge che impone rinunce sovrumane, ma rinunce a errati stili di vita, ad abitudini inveterate nocive per la salute. Il potere taumaturgico della nudità (come ha scritto a suo tempo Daniele Agnoli sulla rivista “Naturismo”) non è altro che la conseguenza di comportamenti naturali che la nostra cultura ha dimenticato di tutelare.
Di conseguenza, il naturismo rappresenta un’esigenza di fondo ben precisa e assolutamente peculiare: ridare al corpo umano il suo diritto alla nudità, non solo per un fatto culturale, ma anche per i suoi effetti salutistici. Il messaggio, semplice e cristallino, recita che l’uomo, per il rispetto del proprio corpo, ha il dovere di stare nudo, e nello stesso tempo il diritto di stare nudo quando, per ovvi motivi di opportunità ambientale o strumentale, non sia necessario ricorrere all’ausilio dei vestiti.
Questa proposta ha subito forti resistenze perché, purtroppo, è stata presentata ad una società affogata nei pregiudizi. Ma, come abbiamo visto, in ambiente naturale, privo di sovrastrutture sociali, privo di incrostazioni culturali, privato dal condizionamento psicologico e dall’influenza negativa di una certa morale, il pregiudizio nei confronti della nudità decade come per incanto.
E come se ciò non bastasse, un’altra concorrente si era spogliata e aveva fatto il bagno nuda. Tutti e tre i concorrenti avevano commentato come l’esperienza fosse stata straordinaria: “In questa natura meravigliosa”, hanno detto, “è bello fare il bagno nudi, camminare nudi sul bagnasciuga”, aggiungendo “che in questo silenzio, in questa tranquillità, si sta bene, si sente il respiro dell’isola, si prova la sensazione fisica della libertà”.
Ebbene, tempo fa, in un editoriale, il direttore di questa rivista aveva riportato le testuali parole di chi si trova per la prima volta a vivere l’esperienza nudista: “E’ bello, si sta bene, c’è tranquillità, facilità di dialogo, silenzio, possibilità di passeggiare nudi lungo il bagnasciuga o nei boschi, provando appieno la sensazione fisica della libertà”. Sorprendente, no? Quello che per i “naufraghi” televisivi era “il respiro dell’isola”, noi naturisti lo traduciamo come il “respiro della natura”.
Quel desiderio di respirare la natura, che si sente quando si sta nudi, che è ciò che avevano provato i “naufraghi”, non è un caso che fosse partito da due donne: dalle donne, che d’istinto amano la nudità.
Questo istinto primordiale, che la donna sente nei confronti della nudità, l’ha provato anche una nota presentatrice tv, Sveva Sagramola, che conduce “Geo & Geo”, un programma che si occupa di natura, ecologia, inquinamento, energie rinnovabili, bioagricoltura, tutela dell’ambiente, ecc. Ecco che cosa ha scritto una volta dopo aver attraversato il deserto del Sahara: ”Ero in viaggio dal Mali, in una spedizione lungo le tracce dell’Azalai, la via carovaniera che congiunge le miniere di sale di Taudenni a Timbuctu per arrivare al villaggio di Araouane. Era una mattina di pioggia e io, completamente nuda dietro una duna, mi stavo lasciando lavare dal’acqua che cadeva. In quella distesa infinita di sabbia e di polvere, accarezzata dalla pioggia che finalmente rinfrescava la terra, mi sono sentita un puntino nell’universo, ma un puntino ch’era parte del tutto”.
Sembra il discorso di una naturista non naturista, ma che, scomodando Freud, inconsciamente lo è.
Tempo fa i nostri vicini di casa avevano scoperto che dei loro amici frequentavano i centri naturisti della Croazia. Noi li abbiamo visti per caso un giorno che si trovavano nel giardino dei suddetti vicini per una grigliata. Parlando abbiamo sondato il perché e il percome avessero iniziato a fare del naturismo.
All’inizio li aveva spinti la curiosità, nonostante fossero frenati dal fatto che mai si erano messi nudi in pubblico. Ma la vista della naturalezza con cui le persone giravano nude aveva fugato in loro ogni dubbio, ogni paura. Arrivati al bungalow si erano subito spogliati e il resto era stato tutto facile.
Ed ecco che, sintetizzando quanto ci avevano detto, ne era venuto fuori il solito racconto identico in tutto e per tutto a quelli sopra riportati. Ci avevano parlato della sensazione meravigliosa di sentirsi nudi, di sentire, quasi, il respiro degli alberi, di camminare sul bagnasciuga nudi, di fare il bagno nudi, del senso di estrema libertà di camminare nudi per le vie del centro naturista. E poi c’era quella pace, quella tranquillità, l’ordine e la mancanza di confusione che c’è sulle spiagge mondane.
L’idea naturista, è stato più volte ribadito, crede nella legge naturale che governa le cose, e, mentre spiega con motivazioni razionali la validità dei suoi presupposti, insiste sul momento rigenerativo della nudità come incontro fra natura umana e natura sensibile, momento non contraffatto dalle distorsioni della cultura.
E’ questo momento non contraffatto che agisce positivamente su quello che è stato definito “il potere taumaturgico della nudità”, definizione coniata da Daniele Agnoli nel 2003 in uno scritto che porta, appunto, questo titolo. Questo potere, che possiamo definire prodigioso, evidenzia come la nudità possieda la forza d’imporre senza violenza, con naturalezza, quell’etica di vita che sta alla base dell’idea naturista.
Per nudità, come viene sempre ribadito da queste pagine, s’intende quella integrale praticata o nella natura, ovviamente quando si ha la possibilità di farlo, o in ambienti idonei nella stagione fredda, come nelle palestre, nelle piscine e nella sauna, sempre quando questi luoghi siano stati riservati alla pratica della nudità.
Mentre per taumaturgico, ossia la capacità di operare miracoli o prodigi, nell’accezione naturista non si riferisce a poteri occulti ma alla capacità che la nudità ha di tonificare il corpo e la mente, di frenare gli istinti e di contenere nei giusti termini l’aggressività, principalmente maschile, perché per la donna il discorso è diverso (vedi l’articolo “L’esperienza naturista dell’uomo e della donna” sul n.63 di InfoNaturista).
La vestizione abituale, che è praticamente sempre coatta, ha modificato il rapporto dell’umanità con il proprio corpo, tanto è vero che i “naufraghi dell’isola”, lontani dalla civiltà, se ne sono resi conto soltanto vivendo in ambiente naturale, dove avevano avvertito che i vestiti, anziché essere funzionali, erano diventati una ingombrante sovrastruttura.
Perché, come nel lontano passato della storia dell’umanità, l’uomo è stato condizionato (tralasciando la preistoria di cui non sappiamo quasi nulla), così l’individuo della società postmoderna continua ad essere condizionato da una psicologia deformata per tutto ciò che riguarda il corpo. Non a torto Marc-Alain Descamps, professore emerito, ha scritto che: “Il nudismo sociale ha di particolare e di essenziale che, dopo un certo tempo, ci si dimentica di essere nudi, perché si è ritornati nel proprio stato naturale e si è ritrovata l’innocenza originaria di esseri che non sanno di essere nudi.
Ciò procura una gioia intensa che non si può descrivere a parole”. Ed è proprio quello che i “naufraghi” avevano provato, a giudicare dalla gioia spensierata che avevano manifestato sguazzando nell’acqua cristallina del mar dei Caraibi. “E’ stato come tornare bambini”, avevano detto gli improvvisati neonudisti dell’isola, non sapendo che quel loro agire era stata la manifestazione tangibile e inconscia di quella che gli psicologi chiamano catarsi. La catarsi (qui intesa come purificazione), che hanno vissuto i “naufraghi” dell’isola, si è espressa nel momento essenziale della nudità integrale grazie al potere di fascinazione della natura.
Ed è proprio il momento della catarsi a compiere il miracolo della scoperta di un nuovo modo di vivere, non un ritorno al passato, e nemmeno la ricerca di un mondo perduto, come erroneamente si crede, ma semplicemente la necessità, che l’essere umano inconsciamente sente, di risintonizzarsi con la natura.
Questo nuovo modo di vivere va ricercato nel futuro, non nel passato, perché, come ha scritto Paul Ableman (drammaturgo e critico letterario inglese, autore del libro “Anatomia della nudità”), quasi sempre la nostalgia ci fa attribuire a eventi del passato un fascino solitamente falso.
Per questo il naturismo afferma, e continuamente lo ribadisce, che ritorno alla natura non è una regressione allo stato animale, ma il ritorno ad un atteggiamento di rispetto della natura e della nostra dignità. E a titolo d’esempio prendiamo i servizi igienici: come primo insegnamento i “naufraghi” avevano capito il valore delle comodità “inventate” dal mondo civilizzato che sull’isola mancavano completamente.
Di conseguenza le persone dovevano tornare ad espletare i propri bisogni fisiologici come facevano gli antichi, cioè appartandosi nella natura e immergendosi in mare per potersi lavare. Poi, come secondo e importantissimo insegnamento hanno detto che quando sarebbero ritornati nel mondo civilizzato avrebbero apprezzato ciò che davano per scontato, come il cibo, di cui, data la carenza di cui si soffre in quel reality, ne avevano riscoperto il dato valoriale, essenziale per la sopravvivenza, aggiungendo, inoltre, che una volta ritornati a casa, mai più avrebbero gettato nella spazzatura il cibo avanzato.
Concludendo: l’uomo è l’unico essere dotato di strutture sensibili in grado di cercare nuovi modi per attuare il suo slancio vitale, organizzando la sua esistenza individuale e collettiva attraverso rapporti sociali disciplinati da leggi. Ciò che l’uomo, però, non ha ancora organizzato e disciplinato è il suo rapporto con la natura, un adeguato inserimento nell’ambiente e la pacifica convivenza con le specie animali e vegetali. Inoltre, non ha ancora accettato la propria natura, ciò è testimoniato dal fatto che l’uomo è l’unico “animale” che nasconda o mascheri il proprio corpo, non rispettando i propri ritmi circadiani.
Per porre rimedio a questi errori, o mancanze, ci sentiamo in dovere di dire che la morale naturista è l’unica che, fondandosi su principi concreti, si occupa dell’essere umano in senso umanistico. E’ stato scritto che la morale naturista è un confronto continuo tra l’uomo e la natura.
Da questo confronto emerge la legge da seguire, che non è una legge che impone rinunce sovrumane, ma rinunce a errati stili di vita, ad abitudini inveterate nocive per la salute. Il potere taumaturgico della nudità (come ha scritto a suo tempo Daniele Agnoli sulla rivista “Naturismo”) non è altro che la conseguenza di comportamenti naturali che la nostra cultura ha dimenticato di tutelare.
Di conseguenza, il naturismo rappresenta un’esigenza di fondo ben precisa e assolutamente peculiare: ridare al corpo umano il suo diritto alla nudità, non solo per un fatto culturale, ma anche per i suoi effetti salutistici. Il messaggio, semplice e cristallino, recita che l’uomo, per il rispetto del proprio corpo, ha il dovere di stare nudo, e nello stesso tempo il diritto di stare nudo quando, per ovvi motivi di opportunità ambientale o strumentale, non sia necessario ricorrere all’ausilio dei vestiti.
Questa proposta ha subito forti resistenze perché, purtroppo, è stata presentata ad una società affogata nei pregiudizi. Ma, come abbiamo visto, in ambiente naturale, privo di sovrastrutture sociali, privo di incrostazioni culturali, privato dal condizionamento psicologico e dall’influenza negativa di una certa morale, il pregiudizio nei confronti della nudità decade come per incanto.