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Nudismo, neonaturismo e postnaturismo

Alcuni anni fa, esattamente nel 2006 sul n.29 di InfoNaturista, è stato pubblicato un articolo dal titolo “Naturismo e Neonaturismo” in cui era stata chiarita la diatriba sui termini naturismo e nudismo. Eppure, nonostante il naturismo ancora fatichi ad affermarsi in Italia, il termine naturismo viene ancora chiamato in causa perché lo si vorrebbe abolire per sostituirlo con quello di nudismo, il che significa compiere una vera e propria operazione da postnaturismo.
Ritorno sulla questione, già dibattuta in passato, ma che purtroppo pare così difficile da comprendere, partendo dai termini di moderno e soprattutto di postmoderno, perché è da questo che dobbiamo partire per capire che cosa intendo per postnaturismo.
E’infatti invalso nel linguaggio moderno l’uso del prefisso post per indicare qualcosa che è venuto dopo una certa epoca, una certa corrente artistica, un certo movimento politico, ecc. E ne sono un esempio lampante i termini di postilluminismo, postsessantotto, postindustriale, postcomunismo, postmoderno, e così via, fino ad arrivare al più recente postmediatico, giacché Internet, che giunge nelle nostre case senza alcuna mediazione, avrebbe decretato la fine dell’era mediatica.
Ora, mettendo da parte la semantica e usando un linguaggio semplificato diciamo che “moderno” vuol dire “cominciato da poco”. Da moderno deriva modernità e modernismo. Più precisamente, modernità significa che nella nostra civiltà si sono affermati un nuovo modo di vivere e di pensare in conformità alle condizioni, alle aspirazioni e alle esigenze della vita odierna. Modernismo è invece scientifici e di adeguamento del sistema di vita ad una società radicalmente cambiata.
Dalla parola moderno sono poi derivate le espressioni arte moderna, gusto moderno, ecc. La storia moderna è invece, secondo alcuni, quel periodo storico compreso tra l’epoca medievale e quella moderna o contemporanea, mentre secondo altri andrebbe invece dal Rinascimento alla Rivoluzione Francese.
Oggi però, come è da tutti riconosciuto, l’era moderna sarebbe terminata alla fine degli anni ‘70 e sostituita da quella che è stata definita come “postmoderna” dall’architetto americano Charles Jencks in una sua opera del 1977.
L’era postmoderna è quindi subentrata a quella moderna perché questa avrebbe esaurito il suo compito di “modernizzazione” sociale e culturale della società. E questo perché l’era moderna aveva, per così dire, “compreso il suo limite” in relazione alla tolleranza della natura nei confronti di un’attività antropica diventata troppo aggressiva.
Ciò vuol dire, in altre parole, che la natura non sarebbe in grado di sopportare una ulteriore “modernizzazione”, vale a dire un ulteriore avanzamento tecnologico, un ulteriore sviluppo, un ulteriore inquinamento, una ulteriore rapina delle risorse della terra, senza mettere a rischio la sopravvivenza del pianeta stesso e quindi dell’umanità.
Preso atto di tutto questo, veniamo ora al naturismo e al postnaturismo. Nell’articolo “Naturismo e neonaturismo” era stato messo l’accento sul fatto che non accettavamo la definizione di “nuovo naturismo” in contrapposizione al naturismo storico bollato come “vecchio naturismo”. Inoltre si faceva rilevare che non comprendevamo il senso dell’espressione “neonaturismo” perché, se ciò fosse, si presupporrebbe l’esistenza di una nuova natura, il che è concettualmente sbagliato, perché la natura è sempre la stessa e quindi non ce n’è può essere una vecchia e una nuova. Il naturismo è nato principalmente per la pratica della nudità e con lo scopo di ridare dignità, salute, benessere, equilibrio psicofisico al corpo e alla mente, rinunciando a giudicare le forme fisiche del nostro prossimo, accettando i limiti personali e intellettuali della nostra natura umana.
A tutto ciò c’è d’aggiungere il grande merito che il naturismo ha di contribuire al superamento dell’emarginazione sociale per motivi estetici e sessuali, nel tentativo di rendere meno frustrante l’esistenza delle persone.
Appare perciò evidente come la nudità sia il principio cardine della filosofia naturista, un principio irrinunciabile senza il quale il naturismo non avrebbe senso. Molti movimenti, infatti (come abbiamo più volte scritto sulle pagine di questa rivista), si occupano di tutta una serie di problemi ambientali, dei gas a effetto serra, delle foreste che scompaiono, della fauna in via di estinzione, ecc., ma il naturismo, invece, è il solo movimento, unico e insostituibile, ad occuparsi di nudismo.
Ora, da questo ad arrivare a definire il nostro movimento “Nudismo” ce ne corre, anche perché coloro che vogliono cambiare il termine naturismo con nudismo, predicano anche la nudità facoltativa che, come abbiamo visto, è un’aberrazione, perché il naturismo senza nudismo non ha senso. Inoltre, va ricordato per l’ennesima volta che il termine “nudismo” è stato cambiato in “naturismo” dai padri fondatori del nostro movimento per ragioni culturali e di opportunità: il termine nudismo squalificava l’idea naturista agli occhi di una società ancora fortemente tabuizzata.
Ebbene, da quanto detto, appare per lo meno singolare entrare in un’era che ho definito “postnaturistica” con l’introduzione del più “moderno” termine nudismo allo scopo di mandare in soffitta il naturismo. In verità, chi si prendesse la briga di leggere la storia del naturismo, si renderebbe conto che è troppo presto per farlo, perché ancora molto poco è stato realizzato della filosofia naturista la quale, vogliamo ripeterlo, ha lo scopo di migliorare la qualità della nostra vita.
E’ stato detto e scritto che l’idea naturista è un’idea semplice, ma appunto per questo così difficile da comprendere. Eppure, chiunque andasse a rileggere i principi che informano l’idea naturista non potrebbe non essere d’accordo con noi sulla loro validità.
Però, non appena ci si imbatte nel connotato nudistico che contraddistingue il nostro movimento, e che per questo è diverso da tutti gli altri, ecco che il naturismo diventa difficile da accettare, se non addirittura rifiutato soprattutto in chi non ha ancora risolto il conflitto interiore tra desiderio di libertà e tabù della nudità. scritti, e che qui volutamente ripetiamo, è un confronto continuo con la natura e con le sue leggi immutabili. Il naturista risolve questo confronto mettendo in campo la sua nudità (principio dell’umiltà), perché ha compreso che l’uomo è soggetto alle stesse leggi universali che regolano la vita sulla terra, leggi che riguardano invariabilmente le piante, gli animali e gli esseri umani.
L’etica naturista non è un’idea fondata su verità assiomatiche, cioè che è superfluo dimostrare, ma su verità comprovate da scoperte medico-scientifiche (la luce che cura), scoperte delle scienze psicologiche (cura delle nevrosi, come l’ansia sessuale), scoperte empiriche (attenuazione, se non addirittura eliminazione, dell’aggressività maschile come avvalorato dalla vita nuda nei centri naturisti), ecc.
Tornando al punto, come si diceva poche righe sopra, la strada da percorrere per l’affermazione del naturismo nella globalità dei suoi enunciati è ancora molto lunga e irta di ostacoli, in quanto la causa principale di questa difficoltà va individuata, come la psicologia insegna, nel riflesso condizionato individuale e collettivo (nudità = disponibilità sessuale; esposizione degli organi genitali = oscenità), che sta alla base del rifiuto del nudo.
Appare chiaro, da quanto argomentato a proposito della postmodernità, che non è vero che il naturismo avrebbe esaurito il suo compito, così come è accaduto per la modernità. E non avendo esaurito il suo compito, non si può parlare di postnaturismo, come ho definito l’operazione di passare dal termine naturismo a quello di semplice nudismo.
Non esiste un naturismo postmoderno per il semplice motivo che il naturismo, non solo non ha esaurito il suo compito, ma non si è nemmeno affermato, o se così è stato, ciò riguarda soltanto quella parte della filosofia naturista universalmente riconosciuta come pratica igienico-salutistica o come occasione per ottenere un’abbronzatura integrale in piena libertà e sicurezza.

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